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Te la ricordi quella volta che il Sassuolo perse la finale di Champions?

Correva l’anno, ma non fu mai raggiunto. O forse così decise l’arbitro. Sì, perchè i minuti di una partita di calcio sono sempre 90, è vero. Ma a decidere il recupero sono gli eventi che fermano il tempo. O almeno ci provano. E allora accade che il recupero si allunga a dismisura, quasi fino a non venire mai segnalato.
Ma torniamo al Sassuolo. Una squadra di provincia, una di quelle che a qualcuno piace chiamare “favole”, semplicemente perchè hanno il coraggio di spingersi fin dove nessuno si sarebbe mai aspettato.
Chiudiamo gli occhi. Immaginiamo che, a giugno, per fortunati avvenimenti, coraggiose ostinazioni e inconsapevoli coincidenze astrali, il Sassuolo si ritrovi catapultato in Champions. Basterebbe il caso. Basterebbe a trasformare la “favola” in “Cenerentola” dei gironi.
I bookmakers allora comincerebbero a sparare quote improbabili e improponibili, tanto chi ci andrà mai a puntare sui neroverdi? Ma, vuoi per statistica, vuoi per pazzia, c’è sempre il sognatore che cavalca l’onda dell’impossibile. Si affaccia con fare disinvolto alla cabina del centro scommesse sotto casa e punta. Punta senza paura. Punta senza pensare.
Torna a casa col sorriso sulle labbra, perchè quella speranza, quella minima statistica lo rende libero. Segue i gironi, impreca come un autista sulla Salerno-Reggio a Ferragosto, soffre, si infiamma e, alla fine, gioisce.
Il Sassuolo è agli ottavi. La Modena nero-verde si accende di passione, sospinge la squadra. Accade l’impensabile: partita dopo partita, battaglia dopo battaglia, il Sassuolo è arrivato in finale.
L’avversario è la storia della Champions: il Real Madrid. Quello dei giocatori strapagati e straviziati con le chiappe sode come il marmo. Non si può sbagliare, non capita mica tutti i giorni di arrivare in finale. Ma la magia svanisce, la carica positiva s’è esaurita e tutto quello che può andare storto va inesorabilmente a donnine di facili costumi.
L’allenatore sbaglia la tattica, testardo com’è dei successi finora raggiunti. L’attaccante s’incaponisce nelle azioni personali, dimenticandosi dei compagni di squadra liberi e smarcati. Il centrocampista perde la disciplina tattica e comincia a correre ovunque aggrappandosi a qualsiasi maglia avversaria. Il difensore, invece di pressare, indietreggia, si lascia intimorire e si lascia superare in velocità come un birillo. Il portiere, unico baluardo a difesa della dignità, sbaglia tutti i tempi delle uscite, facendo figure barbine.
Risultato finale: 22-0. Tutti a casa. La finale è persa, chissà se ce ne saranno altre. I tifosi, sconsolati, non riescono a staccare le labbra per proferire parola. Anzi, appena girano un angolo, purchè sia buio e nascosto, piangono sfogando la delusione.
E lo scommettitore? Beh, si rammarica. Non per i soldi (che non ha mai posseduto) andati persi. Bensì per la speranza, accresciuta a dismisura dal sogno e sgonfiata come un Super Santos dalla pungente realtà.
In fondo, però, si vive per sognare. Basta un Super Santos, ed è subito Champions.